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Il TAR Lombardia, Sezione IV, con la sentenza n. 431 del 10 febbraio 2025, ha chiarito che l’annullamento di un provvedimento interdittivo antimafia da parte del Consiglio di Stato ne determina la cancellazione con effetto retroattivo, ripristinando la situazione precedente. Questo significa che tutti gli atti amministrativi che si basavano su tale provvedimento perdono automaticamente efficacia, rendendo necessaria la riammissione dell’impresa esclusa. Inoltre, l’effetto retroattivo incide anche sulle eventuali decisioni già adottate in merito all’aggiudicazione dell’appalto, che devono essere riesaminate alla luce del nuovo quadro giuridico risultante dall’annullamento. Di conseguenza, i provvedimenti amministrativi che si basavano su tale atto, compresa l’esclusione da una gara d’appalto, diventano automaticamente illegittimi.

La stazione appaltante deve quindi riammettere l’impresa esclusa e, se non ancora conclusa, completare la verifica dell’anomalia dell’offerta.

Il giudice amministrativo, invece, non può intervenire direttamente sull’aggiudicazione o sull’inefficacia del contratto se la verifica dell’anomalia non è stata ancora completata, poiché spetta all’amministrazione portare a termine il procedimento prima che il giudice possa esprimersi.

Fatti di causa

La società ricorrente, inizialmente risultata prima classificata per l’affidamento del servizio di pulizia degli edifici dell’Università degli Studi di Milano, è stata successivamente esclusa dalla procedura di gara in seguito all’emanazione di un’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Napoli. Tale interdittiva, basata su presunte infiltrazioni mafiose nella compagine societaria, ha condotto la stazione appaltante a revocare l’aggiudicazione e ad assegnare il lotto a un’altra impresa. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha successivamente annullato il provvedimento prefettizio, ritenendo che i presupposti giuridici alla base dell’interdittiva fossero carenti. In particolare, ha rilevato l’assenza di elementi concreti, univoci e rilevanti tali da giustificare il provvedimento, nonché una motivazione inadeguata da parte della Prefettura, che non ha fornito un adeguato supporto probatorio circa il rischio di infiltrazioni mafiose nella società interessata. La decisione si fonda sulla necessità che l’interdittiva antimafia sia basata su un’istruttoria rigorosa e su elementi fattuali precisi e non su mere supposizioni o collegamenti indiretti. Forte di tale decisione, la ricorrente ha impugnato i provvedimenti di esclusione e l’aggiudicazione a favore della seconda classificata, evidenziando l’illegittimità derivata dei provvedimenti amministrativi fondati sull’interdittiva annullata. La seconda classificata, a sua volta, ha presentato ricorso incidentale per tutelare la propria posizione, sostenendo la legittimità dell’aggiudicazione e l’assenza di diritto della ricorrente alla riammissione automatica.

 

Gli effetti dell’annullamento del provvedimento interdittivo sull’esclusione

L’annullamento dell’interdittiva antimafia da parte del Consiglio di Stato ha determinato la sua inefficacia fin dalla sua origine, con la conseguente rimozione di tutti gli effetti giuridici che ne erano derivati. In particolare, la determina di esclusione della società ricorrente dalla gara d’appalto è risultata illegittima per illegittimità derivata, essendo fondata su un atto privo di validità. Di conseguenza, la stazione appaltante ha l’obbligo di riammettere la società nella procedura di gara, ripristinando la posizione precedentemente occupata.

Il Consiglio di Stato, pur annullando l’interdittiva, ha contestualmente richiesto alla Prefettura di rideterminarsi sull’istanza, ovvero di rivalutare la posizione della società in relazione ai presupposti dell’interdittiva antimafia. Tale richiesta, sebbene non incida sull’efficacia immediata dell’annullamento, potrebbe influenzare la stabilità della riammissione della società nel medio-lungo termine. Infatti, qualora la Prefettura, a seguito di una nuova istruttoria, dovesse ravvisare elementi idonei a giustificare un nuovo provvedimento interdittivo, l’impresa potrebbe essere nuovamente esclusa dalle gare pubbliche. Tuttavia, un nuovo atto interdittivo dovrebbe essere adeguatamente motivato e fondato su elementi concreti, superando le criticità che hanno portato all’annullamento del primo provvedimento.

In ogni caso, tale obbligo di rideterminarsi non incide sull’efficacia immediata dell’annullamento, che produce effetti retroattivi eliminando l’interdittiva dal mondo giuridico. Anche qualora la Prefettura decidesse di adottare un nuovo provvedimento interdittivo, questo avrebbe valore solo per il futuro e non potrebbe influenzare la riammissione della società alla gara già conclusasi.

 

Gli effetti dell’annullamento dell’esclusione sul procedimento di anomalia non concluso

Con la riammissione della ricorrente, l’amministrazione è tenuta a riprendere la verifica dell’anomalia dell’offerta, qualora questa fase del procedimento non sia stata conclusa. La valutazione della congruità dell’offerta deve essere condotta in conformità all’art. 97 del D.lgs. 50/2016, esaminando sia gli elementi economici che quelli qualitativi dell’offerta.

Il giudice amministrativo, per principio di separazione tra funzione giurisdizionale e amministrativa, non può sostituirsi alla stazione appaltante nella valutazione della sostenibilità economica dell’offerta escludendo ogni possibilità di sostituzione con una propria valutazione tecnica. Di conseguenza, il giudice non può disporre l’aggiudicazione né il subentro nel contratto della ricorrente illegittimamente esclusa, potendo al più eventualmente sindacare le scelte assunte dall’Amministrazione a conclusione del procedimento.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio consolidato per cui l’annullamento di un provvedimento interdittivo antimafia da parte del Consiglio di Stato ha effetto retroattivo, eliminando tutti gli atti amministrativi che ne derivano. Di conseguenza, un’impresa esclusa illegittimamente da una procedura di gara deve essere riammessa, con la ripresa dell’iter dal punto in cui era stato interrotto. In questo contesto, la verifica dell’anomalia dell’offerta diventa un passaggio imprescindibile, poiché un’impresa non può essere riammessa automaticamente all’aggiudicazione senza la valutazione della congruità della sua offerta. Il TAR chiarisce inoltre che il giudice amministrativo non può sostituirsi alla stazione appaltante nel compiere valutazioni tecniche, ma deve limitarsi a garantire il rispetto delle regole procedimentali. La decisione è condivisibile, in quanto tutela sia la par condicio tra i concorrenti, sia la correttezza della procedura amministrativa. Allo stesso tempo, data la situazione di incertezza legata al ripristino della situazione antecedente l’esclusione senza individuazione di un nuovo aggiudicatario, la Stazione Appaltante dovrà svolgere celermente la verifica di anomalia.

Non si può non evidenziare che la stessa Amministrazione potrebbe essere tentata dal disporre l’esclusione per anomalia dell’offerta, così da mantenere lo status quo ante ed evitare possibili pretese risarcitorie del concorrente inizialmente escluso verso di sé o verso la Prefettura. In questi casi la discrezionalità tecnica può ben coprire l’operazione elusiva del giudicato con scarsi margini di difesa del concorrente.