La maggior efficienza aziendale che legittima, ex art. 41, co. 14 del codice, il ribasso sui costi della manodopera, non va dimostrata già in sede di offerta, ma in sede di anomalia.
Per questa ragione, non è possibile disporre l’esclusione di un concorrente che non abbia presentato le suddette giustificazioni all’atto di presentazione dell’offerta.
Lo ha chiarito il T.A.R. Sardegna, sez. II, nella sentenza n. 250 del 18 marzo 2025.
La questione oggetto di controversia
Nel caso controverso, una Cooperativa, in qualità di seconda classificata in gara, aveva impugnato il provvedimento con cui un Comune aveva aggiudicato in favore della controinteressata la procedura aperta per l’affidamento del servizio di Comunità integrata per anziani.
La ricorrente aveva chiesto l’annullamento dell’aggiudicazione per violazione dell’art. 41, comma 14, e 101 del d.lgs. n. 36/2023, nonchè del Disciplinare di gara in ragione dell’omessa esclusione dell’aggiudicataria dalla gara.
In sintesi, la ricorrente aveva esposto che l’aggiudicataria avrebbe presentato un’offerta economica incompleta in quanto, pur prevedendo un ribasso sul costo della manodopera, non aveva depositato unitamente all’offerta anche la dichiarazione, richiesta dagli atti di gara, con la quale dare evidenza di come il ribasso complessivo dell’importo sarebbe derivato da una più efficiente organizzazione aziendale o da sgravi contributivi che non comportavano penalizzazioni per la manodopera.
La decisione del Collegio
I giudici hanno richiamato quanto previsto dall’art. 41, comma 14 del codice ed in particolare che: “Sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che, per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali. Tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera, che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara. Solo seguendo tale impostazione si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9 del D.Lgs. n. 36 del 2023), previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici, in presenza dei quali la stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia” (Consiglio di Stato, sentenza n. 9254/2024).
A parere del Collegio, si deve quindi escludere, in coerenza con quanto già evidenziato anche dall’Amministrazione e dalla controinteressata, che le Stazioni Appaltanti possano prevedere quale ulteriore causa di esclusione la mancata dimostrazione, tramite l’offerta presentata, che il ribasso complessivo del costo della manodopera dipende da una più efficiente organizzazione aziendale o da sgravi contributivi, non essendo rinvenibile tale previsione nel dettato normativo esaminato.
Il Collegio ha osservato, pertanto, come il Disciplinare di gara non potesse essere interpretato nel senso indicato dalla ricorrente.
Il Disciplinare, infatti, aveva testualmente previsto che “ai sensi dell’articolo 41 comma 14 del Codice i costi della manodopera non sono ribassabili. Resta la possibilità per l’operatore economico di dimostrare con apposita relazione da inserire unitamente al modello di offerta economica che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale o da sgravi contributivi che non comportano penalizzazioni per la manodopera”.
Ebbene, l’interpretazione letterale e teleologica di siffatta previsione deve essere effettuata anche alla luce del principio di tassatività delle clausole di esclusione che, nel nuovo Codice degli appalti, ha una valenza e un ambito applicativo più stringenti rispetto alla disciplina del previgente art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016.
Ciò è desumibile dalla sua collocazione tra i principi generali del nuovo Codice (a differenza della disciplina previgente in cui la tassatività era trattata nell’ambito dei requisiti di ordine speciale) e della strumentalità della tassatività rispetto al fondamentale principio dell’accesso al mercato, di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 36/2023 (si veda T.A.R. Roma, Lazio, sez. II, 17/06/2024, n.12303).
Conclusioni
In conclusione, secondo i giudici, la previsione del Capitolato speciale, considerata anche la corretta interpretazione dell’art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 (che, come si è visto, impone di sottoporre a verifica dell’anomalia l’offerta che preveda un ribasso sul costo della manodopera) ha voluto riconoscere agli operatori economici la facoltà di fornire, già in sede di formulazione delle offerte, i chiarimenti necessari per giustificare un siffatto ribasso.
In mancanza della relativa relazione, la Stazione Appaltante, che non poteva prevedere un tale obbligo a pena di esclusione, aveva correttamente domandato alla controinteressata la sua successiva produzione, procedendo al successivo controllo di anomalia.
Da tutto ciò ne è derivata l’infondatezza del motivo di impugnazione.